martedì 27 novembre 2012

"Trani: città da vivere o da evadere?" di Sonia Scafarella


Trani, tenera moglie da amare. Trani, pur sorella che spesso non sopportiamo, che non tolleriamo. Trani, forse semplicemente madre: unica, insostituibile, da cui, qualsiasi cosa accada, inevitabilmente, si torna. Noi ragazzi, soprattutto durante la fase adolescenziale, sentiamo la necessità di fuggire. Saranno gli ormoni, saranno i sogni  che ci solleticano la mente e che provocano dei riflessi involontari, i quali ci portano a muoverci freneticamente, con la smania delle anime in fermento. Ma come si giunge a quest’insofferenza? Cos’è cambiato da quando la nostra vita aveva come fulcro la famiglia, l’amichetto/a ed il giocattolo preferito? Tutto è avvenuto in maniera subitanea: come le mura che crollano e ci parano di fronte il mondo. Una notte siamo andati a dormire ancora bambini, ancora ingenui, ancora appagati; e la mattina dopo ci siamo svegliati con un nuovo meccanismo attivo in noi. Chissà quale bel sogno stavamo facendo? Quale luogo fantasmagorico stavamo mai visitando nell’universo della nostra mente? Fatto sta che i nostri occhi d’allora hanno voluto contemplare anche loro ciò che è stato riservato solo all’immaginazione. Ora siamo dunque inquieti: tutto sembra non bastare, nulla ci soddisfa, nulla ci sazia. Trani è un vestito vecchio che vorremmo servisse solo a foderare il fondo di un baule, ma che la quotidianità matrigna ci impone come triste divisa. Alcuni però, nutrendosi dei propri sogni, delle proprie ambizioni, di tutto ciò che hanno letto, che hanno immaginato e che ora vogliono toccare con mano; sono cresciuti troppo ed il vestito ormai va loro stretto. Lacerate pure quella stoffa  ai vostri occhi banale, fuori moda. Evadete pure! Fuggite, correte verso l’orizzonte! Lasciatevi alle spalle questa cittadina che certamente non può reggere il confronto col mondo. Vi siete stancati di incontrare sempre le solite facce, di imbattervi sempre nei soliti vecchi arcigni che come sfingi sono pronti a divorarvi nel momento in cui vi colgono in fallo. Andate pure a Milano, a Parigi, a Londra, a New York. Ma si! Osate pure! Aprite l’atlante e cercate la città col nome più impronunciabile e partite. Troverete anche fortuna, vi farete una famiglia, avrete tanti bambini e VIVRETE. Finalmente avrete la vita che avete sempre sognato. Ma vivrete … felici e contenti? No, sentirete una specie di magone dentro. Un nodo bloccato sulla bocca dello stomaco. Solo in quel momento capirete che voi non eravate partiti per scappare, per fuggire un luogo; cercavate solo voi stessi. Capirete come nel tentativo di trovarvi, vi siete invece persi. Tornerete a Trani, che paziente vi ha atteso. Infilerete di nuovo il vecchio vestito e vi renderete conto che non è poi così male. Gli altri abiti erano splendidi, particolari; ma solo questo vestito ha quella piccola macchiolina sull’orlo che non è mai andato via e che vi ricorda il primo appuntamento con quel/lla ragazzo/a che vi piaceva tanto. Solo questa veste ha quel ricamo particolare che ormai nessuno fa più. Solo nelle sue tasche troverete un bigliettino che avevate dimenticato lì anni addietro. Solo in questo vestito sono intrecciate le fibre della vostra anima.

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